Con La sentenza n. 43141 la Cassazione Penale conferma la condanna in primo e secondo grado di alcuni ricettatori, ripresi dall’impianto installato allo sportello di un bancomat intenti a prelevare con carta di pagamento di provenienza furtiva. Il ricorso in Cassazione dei responsabili ha riguardato principalmente la contestazione dell’uso dei fotogrammi delle telecamere a circuito chiuso da parte del giudice durante il processo penale, in violazione di legge.
La Cassazione ha ritenuto infondata la deduzione relativa all’inutilizzabilità del filmato del sistema di sorveglianza “in quanto conservato per un tempo superiore a quello consentito dalla legge atteso che,
per un verso il documento filmato era stato formato in maniera legittima sicché è stato correttamente recuperato nel processo penale e, per altro verso, la tutela accordata dalla legge alla riservatezza non è assoluta e cede dinanzi alle esigenze di tutela della collettività e del patrimonio”.
Ha inoltre affermato che tali esigenze possono essere conseguite anche attraverso le videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro al fine di esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale. Infatti, il divieto posto dallo Statuto dei Lavoratori riguarda il diritto alla riservatezza dei lavoratori e non si estende sino ad impedire i controlli difensivi del patrimonio aziendale (Cassazione, Sezione V, 12 luglio 2011, n. 34842).
Si quindi ai perizie e accertamenti tecnici informatici, di digital forensics, su sistemi di videosorveglianza anche ove i dati siano conservati oltre i termini, ma sopratutto in azienda quando la finalità è la tutela del patrimonio aziendale
Qui il testo della sentenza http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20161014/snpen@s20@a2016@[email protected]